Libero Pensiero News parla del nostro nuovo disco “Di terra, di mare e di stelle”

Un articolo a firma di Alessandra Sasso, che ringraziamo di cuore per le bellissime parole spese, che racconta quello che è il nostro ultimo lavoro discografico tra opinioni personali ed una piccola intervista.

Riportiamo qui di seguito l’articolo, che potete trovare a questo link

È disponibile da fine luglio il nuovo album “Di terra di mare e di stelle” della Compagnia Daltrocanto. Dopo l’esordio con Macedonia Mediterranea nel 2009, il gruppo continua il suo lavoro, di cui vi abbiamo parlato in occasione degli eventi musicali organizzati dell’Università di Fisciano l’anno scorso.

Dieci pezzi per dieci diversi ospiti, tra cui Alberto Bertoli, Roberto Billi, Cisco Bellotti, Marino Severini dei GANG, Roberto Colella da La Maschera, Giuliano Gabriele con l’elfo dei tamburi Eduardo Vessella, Antonello Giovanni Volpara Budano, Alexian Santino Spinelli, Salvatore Visaggi, Vincenzo Romano e Laura Paolillo.

Il frutto di un lavoro decennale, vagabondo, in giro per l’Italia, a contatto con persone, luoghi, memorie, capace di dare vita ad un sound che reinventa la tradizione popolare millenaria, dandole linfa nuova. Zampogna, ciaramella e chitarra battente si mescolano con strumenti come il bouzouki greco e irlandese o il basso acustico. Il risultato è un’inaspettata armonia, un ritmo magico quasi sognante e tuttavia ben ancorato alla realtà, alle problematiche sociali.

Innanzitutto: come nasce la Compagnia Daltrocanto e a quale esigenza risponde il progetto “Di terra di mare e di stelle”?

La Compagnia Daltrocanto nasce nel 2006 quasi per gioco, dal nuovo inizio di Antonio Giordano e Bruno Mauro che dopo tanti anni dall’ultima volta insieme sul palco si ritrovano con una zampogna ed un bouzuki irlandese. È ripartito tutto da lì, aggiungendo poi Flavio Giordano al basso, Christian Brucale a voce e percussioni e Martino Brucale ai fiati, il primo nucleo è stato questo. “Di terra, di mare e di stelle” è il naturale completamento dell’evoluzione sonora ed artistica di quel nucleo, al quale negli anni si sono aggiunti tanti altri musicisti, nato come gruppo di musica popolare “classico” che nel tempo si è trasformato in qualcosa di completamente diverso: una fusione di stili, sonorità e brani inediti, sempre però tenendo ben presenti le radici sonore e gli strumenti tradizionali della nostra terra.

L’album si compone di dieci brani a cui hanno preso parte diversi artisti. Come sono nate queste collaborazioni? Che aria si respirava durante le registrazioni?

Sono gli incontri che si fanno lungo le strade della musica, con alcuni di loro c’è un rapporto di profonda amicizia che affonda le radici nel tempo: Alberto Bertoli è più di compagno di strada e abbiamo condiviso il palco in diverse occasioni, Roberto Billi oltre che un amico vero è stato un riferimento costante in questo percorso, con la sua storia musicale ci ha un po’ indicato la strada ed ha scritto appositamente per noi un brano bellissimo come “La rotta del navigante”. Con Giuliano Gabriele abbiamo condiviso il palco una sera di qualche anno fa ed è nata una bellissima amicizia, Giuliano è un grande cantautore e sta facendo un percorso per certi versi simile al nostro; Santino Spinelli e Marino Severini dei Gang sono ormai amicizie ultra decennali. Altri come Cisco, Antonello Budano, Vincenzo Romano e Roberto de La Maschera sono amici nuovi che si sono fatti coinvolgere con entusiasmo ed infinita disponibilità in questo progetto, è stata una cosa che ci ha dato grande fiducia e carica. Averli tutti nel nostro disco era il naturale coronamento di questo lavoro a cui teniamo così tanto.

Non si può non notare nell’ascolto la forte commistione di generi, stili e anche registri linguistici totalmente differenti. Nonostante ciò risulta una grande armonia nell’impianto globale, che sembra incentrato sulla tradizione musicale popolare. Come siete riusciti a creare questa armonia e qual è il punto di incontro?

Non è stato certamente facile, abbiamo tenuto sempre ben presenti le radici sonore della nostra terra e gli strumenti tradizionali, ma abbiamo provato ad attualizzarle ed a smontare degli stereotipi, tipo quello che vuole la zampogna come strumento esclusivamente natalizio. Quello che si può ascoltare in “Di terra, di mare e di stelle” è il risultato di questo percorso, di una evoluzione costante durata oltre 10 anni. Il punto di incontro è stato sicuramente il palco: solo suonando e risuonando insieme nelle situazioni più disparate e diverse siamo riusciti ad arrivare a questo.

I testi: al di là della produzione musicale e ritmica, i testi colpiscono per la trattazione tematica di problemi sociali e culturali, estremamente attuali. Su tutte penso a Tammurriata della valle offesa. La musica può essere veicolo di valori politici e riscatto sociale?

La musica non solo può esserlo, ma deve esserlo! Le canzoni raccontano storie, emozioni, gioie e difficoltà della gente, e quindi sono e fanno politica nel senso più alto e puro del termine, cioè l’agire, o almeno il provare a farlo, sulla società per lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato. Nel nostro disco abbiamo provato a fare esattamente questo, parlando di amore e di lotta, di allegria e di resistenza, di sofferenza e di vita. Nel nostro piccolo, ovviamente.

Avete in cantiere nuovi progetti su questa scia?

Adesso è presto per dirlo, abbiamo appena pubblicato il nostro primo album di inediti ed è davvero difficile dire quanto ci vorrà per maturarne un altro. Speriamo non 10 anni!